Un recente studio finanziato dai National Institutes of Health (NIH) ha rivelato che il rischio di infarto, ictus e morte rimane elevato fino a tre anni dopo l’infezione da Covid-19, soprattutto tra le persone che hanno contratto il virus durante la prima ondata pandemica, prima dell’introduzione dei vaccini.
Questo studio, pubblicato sulla rivista scientifica Arteriosclerosis, Thrombosis, and Vascular Biology, ha osservato che il rischio di eventi cardiovascolari è particolarmente elevato in chi ha affrontato forme gravi di Covid, con un aumento significativo nei pazienti con gruppi sanguigni A, B o AB.
La ricerca ha coinvolto oltre 10.000 pazienti della UK Biobank, di età compresa tra 40 e 69 anni, con un focus specifico su 8.000 individui positivi al virus e 2.000 ospedalizzati per Covid-19 grave, durante il periodo compreso tra febbraio e dicembre 2020. I dati, come riporta Adnkronos Salute, sono stati confrontati con quelli di un gruppo di controllo composto da circa 218.000 persone che non avevano contratto il virus.
Il monitoraggio dei pazienti è durato quasi tre anni, dal momento della diagnosi fino allo sviluppo di infarti, ictus o alla morte. È emerso che il rischio di questi eventi era doppio per chi aveva contratto il Covid-19 rispetto a chi non era mai stato infettato, e addirittura quadruplicato per coloro che avevano vissuto una forma grave della malattia.
Uno degli aspetti più interessanti dello studio è la scoperta del ruolo del gruppo sanguigno.
I pazienti con sangue di gruppo 0 sembrano essere meno soggetti a gravi complicazioni legate al Covid-19 rispetto a quelli con gruppi A, B o AB. Il rischio di infarto o ictus, infatti, risulta più che raddoppiato nei pazienti non appartenenti al gruppo sanguigno 0.
I ricercatori suggeriscono che ci possa essere una componente genetica che lega il gruppo sanguigno alla gravità degli effetti del Covid-19, ma sottolineano la necessità di ulteriori studi per comprendere meglio il meccanismo di questa interazione.
I risultati dello studio suggeriscono che Covid-19 potrebbe essere considerato un nuovo fattore di rischio per le malattie cardiovascolari, simile al diabete di tipo 2 o alla malattia arteriosa periferica. Tuttavia, poiché lo studio ha esaminato persone infettate durante la prima ondata, resta ancora da determinare se il rischio cardiovascolare persista anche nelle persone che hanno contratto il virus nelle fasi successive della pandemia, soprattutto dopo l’introduzione dei vaccini.
David Goff, direttore della Divisione di Scienze Cardiovascolari del National Heart, Lung, and Blood Institute, ha sottolineato che questo studio evidenzia i potenziali effetti a lungo termine di Covid-19 sulla salute cardiovascolare. Ulteriori ricerche sono necessarie per sviluppare strategie preventive efficaci per i pazienti che hanno avuto forme gravi della malattia.
Gli autori dello studio ribadiscono la necessità di approfondire il legame tra Covid-19 e il gruppo sanguigno, con studi condotti su popolazioni più diverse e includendo anche pazienti vaccinati. Questo approccio potrebbe fornire nuove informazioni cruciali per comprendere appieno l’impatto del virus sulla salute a lungo termine.
FONTE LEGGO