Omicidio Elena Ceste,marito condannato a 30 anni

elena ceste

Condanna a 30 anni. Si è concluso coì il processo di primo grado per l’omicidio dei Elena Ceste, scomparsa a gennaio 2014 e ritrovata morta in un canale nove mesi dopo. Il marito della donna, Michele Buoninconti, è stato ritenuto colpevole di aver ucciso la moglie e averne nascosto il cadavere. Il giudice Roberto Amerio ha accolto le tesi dell’accusa, che aveva chiesto il massimo della pena nel processo col rito abbreviato. «Sono innocente, non c’è stato nessun omicidio», aveva ripetuto l’uomo in Aula durante l’ultima udienza.

«Sono innocente, non c’è stato alcun omicidio»

Le ultime dichiarazioni di Michele Buoninconti erano contenute in cinque pagine che l’imputato ha letto in Aula ripetendo più volte di non avere ucciso la moglie, che sarebbe morta invece per «una tragica fatalità». «Michele Buoninconti ha ripercorso il suo iter giudiziario, – ha spiegato il difensore Enrico Scolari – e le sue sofferenze per non aver potuto vedere i quattro figli ormai da molti mesi. Era commosso, e si è dichiarato vittima di un errore giudiziario ribadendo che non c’è stato nessun omicidio». Nel corso delle sue dichiarazioni Buoninconti ha anche letto un passo della bibbia sul «giudizio di Daniele»: si tratta di un passo in cui Susanna viene condannata a morte ingiustamente ma tra la folla si alza un giovane, Daniele, che grida: «Io sono innocente del sangue di lei!»,«Avete condannato a morte una figlia d’Israele senza indagare la verità!». La versione di Buoninconti è che Elena Ceste non sia stata uccisa e che la sua morte sia una «tragica fatalità». «Signor Giudice, io mi trovo davanti a lei senza un motivo vero – ha detto Buoninconti in Aula – non c’è alcuna certezza che mia moglie sia stata uccisa e la procura non può provarlo, né ora, né mai, semplicemente perché non è accaduto». «Ci vogliono le prove per condannare un uomo – ha aggiunto – e la procura non le ha perché non esistono, non si può trasformare a piacimento un innocente in un colpevole, tra l’altro, di un omicidio che non c’è stato».

La scomparsa di Elena

Elena Ceste, 37 anni, è scomparsa dalla sua casa di Costigliole d’Asti, a pochi chilometri dal luogo del ritrovamento del suo cadavere, la mattina del 24 gennaio del 2014. A dare l’allarme fu il marito, il vigile del fuoco Michele Buoninconti. Che raccontà alla polizia di non aver più visto la moglie. La svolta arriva dopo nove mesi di ricerche: è il 18 ottobre quando nel canale del rio Mersa, poco distante dalla casa di famiglia, in frazione San Pancrazio di Costigliole, viene ritrovato un cadavere. Il dna conferma che è Elena Ceste. Secondo l’autopsia la donna sarebbe morta in un modo violento, non accidentale. Si parla di omicidio, anche se resta da capire se qualcuno abbia portato il suo corpo nel canale dopo la morte o invece la donna sia stata uccisa in quel luogo, un rio vicino alla ferrovia ormai abbandonata che da sei anni non veniva pulito. Il 29 gennaio 2015 Michele Buoninconti viene arrestato dagli investigatori di Asti con l’accusa di omicidio e occultamento di cadavere della moglie. Per la Procura. L’uomo avrebbe strangolato la moglie «avendo agito con premeditazione rappresentata dall’avere programmato e pianificato il delitto con perdurante volontà omicida, frutto di ferma e irrevocabile risoluzione criminosa», si legge nella richiesta della Procura.

Il processo

Il processo per Michele Buoninconti inizia il primo luglio in Corte d’Assise ad Asti. Il vigile del fuoco è accusato di aver ucciso e nascosto il corpo della moglie . Al processo si sono costituiti parte civile i familiari della vittima e l’associazione Penelope. In aula, durante le udienze, si è sempre presentato Buoninconti, assistito dai suoi legali, e i genitori di Elena. Per Buoninconti il pm Laura Deodato aveva chiesto l’ergastolo, ridotto a 30 anni per il rito abbreviato.

Fonte Cor. Sera

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