Isola del Liri, faccia a faccia con cinque ladri

PASQUALE RINALDIS

Five against one. Mercoledì sera, Isola del Liri. Un velo di nuvole grigie avvolge il cielo, lasciando scivolare una sottile pioggerella che danza leggera nell’aria. Sono quasi le 23, un’ora dopo aver concluso la mia giornata di smart working, quando esco a prender un po’ d’aria, immerso nella quiete avvolgente della campagna. Il silenzio notturno si intreccia perfettamente con il ritmo delicato delle gocce che accarezzano la terra, creando delicata una sinfonia.
Riparato da una piccola tettoia, osservo la quiete della notte immerso in quei pensieri che accompagnano una serata tranquilla quando, all’improvviso, decido di spostarmi dietro casa, più di istinto che per necessità, poi d’un tratto, scorgo un’ombra incappucciata, vestita di nero, che si staglia dinanzi a me. Un tizio, del tutto inaspettato, compare lì, a pochi passi, sbucato dal nulla.
“E tu chi sei?!”, gli urlo, con tono minaccioso e aggressivo. Poi mi accorgo che non era da solo. Dal campo di granturco, quello che dà sulla strada dove portavo a spasso Willie scomparsa oramai un mese fa, emergono altre figure. Altri tre, forse quattro. Tutti vestiti di nero, tutti con il volto coperto. Sembra di essere finito in un videogioco, Assassins Creed, l’unico del genere a cui abbia giocato, dove i nemici che si incontrano all’improvviso devi combatterli, senza pensarci troppo.
A mani nude, li affronto a distanza con la voce, l’unica arma a mia disposizione. “Andatevene, sto chiamando la polizia, teste di cazzo!”, grido con forza e sicurezza. Ci affrontiamo con lo sguardo per un po’, nella mia testa duemila pensieri al secondo. Cosa afferrare per difendermi, cosa per colpirli. Poi dopo un po’ uno, in una lingua a me incomprensibile, dice agli altri di andarsene e senza troppo rumore si allontanano, dileguandosi tra i campi. Non li seguo, ovviamente. Resto calmo e rientro in casa. Finalmente mi rispondono dalla centrale dei carabinieri.
L’attesa per il loro arrivo dura una mezz’ora, li chiamo un paio di volte per accertarmi che stessero arrivando, ingenuamente speravo che i banditi venissero acciuffati. Quegli altri, invece, nel frattempo avranno avuto tutto il tempo per far razzie. Racconto tutto ai due carabinieri, descrivo la scena vissuta, poi quando vanno via, telefono a mio fratello che è a Roma. Lui, più preoccupato di me, mi chiede: “E se quelli ritornano?”. Io, con l’adrenalina ancora in corpo, gli rispondo scherzando: “Ma che mi vuoi far preoccupare? Io che sto adrenalinico?”. E lo ero davvero. Non ho avuto paura, ho affrontato la situazione come mi sarei aspettato di fare. Senza esitazioni, con prontezza, senza deludere me stesso. Poi, una volta realizzato il tutto, inizio a divagare, immaginando scenari cinematografici. Penso in maniera confusa a quelle trame di film con rapine che dal nulla finiscono male. Dalle pellicole di Tarantino ad Arancia Meccanica fino al Cane di paglia di Sam Peckinpah, dove la violenza esplode inaspettata.
Magari erano ladri di polli – penso – anche se con le loro “divise” nere facevano un certo effetto –, forse erano spaventati più di me. Non c’è stata violenza, niente di realmente pericoloso. Erano stranieri, five against one. E se la cosa fosse degenerata? Se fossero stati strafatti e mi avessero aggredito? Si sarebbe scatenato senz’altro un clamore mediatico. Però quanto si sarà spaventato il tizio che mi si è trovato improvvisamente di fronte, con il mio atteggiamento minaccioso, e con la felpa nera che indossavo, che parevo uno di loro?
Dopo aver ascoltato svariate trasmissioni, in particolare la Zanzara, e letto sul tema articoli a bizzeffe, racconto tutto questo soltanto per dire che a volte finisce anche così, pacificamente (da parte loro), senza bisogno di tirar fuori armi o usare la violenza.
Senza giustificare il crimine, ciò che criticherei tutt’al più sono la politica e la cattiva informazione, che tendono a innescare quella guerra tra poveri che da sempre si combatte, e ad assicurare l’impunità a chi si trova ai piani alti, da cui gode del triste spettacolo.
Io, da parte mia, so di esser stato in qualche modo fortunato – il giorno dopo, scopro che in altre case, quei cinque, sono entrati eccome a far razzie –, ma soprattutto sono orgoglioso di aver difeso la mia proprietà, da solo, con la sola forza della mia presenza. E della parola. Senza fucili, né pistole.
PASQUALE RINALDIS
FONTE PENNA E SPADA

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