“Gloria al tuo capo, o madre! Sii tu testimone sublime di mia verità sotto il cielo” (Maia, Laus vitae). Esattamente un secolo fa, Gabriele D’Annunzio, fece ritorno “nella neve nel ghiaccio e nella febbre” nella sua città natale, per dare l’ultimo e il più tenero, saluto alla madre, Luisa De Benedictis, appena deceduta.“Donna Luisa”, come era nota agli abitanti della “vecchia Pescara”, tra i quali ricordiamo anche personaggi illustri come Ennio Flaiano e Michele Cascella, era una donna amorevole ed amabile, gentile e modesta, tuttavia ferita dagli eventi della vita e dalla solitudine degli affetti.Francesco Paolo, padre di Gabriele, infatti, abbandonò il tetto coniugale andando a vivere con la sua amante e Luisa dovette affrontare le ristrettezze economiche che ne conseguirono, nonché la vergogna e l’amarezza che derivò da questa situazione.A consolazione della donna rimasero pur sempre i figli, in particolare Gabriele, che le dedicò le più belle tra le proprie odi. Fu per tutto l’amore che provava per lei, quindi, che il Vate convinse i pescaresi a darle sepoltura nella neocostituita Cattedrale di San Cetteo, disponendo la creazione di una meravigliosa cappella dedicata alla “Genetrix Gabrielis Nuntii” dove, sullo sfondo, rimane ancora il simbolo di quell’altrettanto affetto che la gente del quartiere provava per lei e che volle offrirle in dono: una croce composta con due travi di peschereccio che i pescatori avevano messo sulla prima tomba di Donna Luisa, presso il Cimitero di San Silvestro.In occasione dei cento anni trascorsi dalla sua morte, è a lei che si rivolge l’attenzione e non suo figlio. Donna Luisa, infatti, incarna la semplicità di tutte le mamme abruzzesi, orgogliose ma modeste, sempre pronte ad aiutare i propri figli ma da lontano, per paura quasi di disturbare.E Gabriele, quella notte, al capezzale della madre, era come tutti i figli d’Abruzzo, mentre dentro di sé ammetteva “Ella era anche più bella […] che qualunque creatura da me conosciuta nei miei anni”.