Precariato in Ciociaria. Tarquini (Uil): “A Frosinone e provincia 3 contratti su quattro sono atipici”

TARQUINI UIL

Quanto dilaga la precarizzazione del mercato del lavoro in Ciociaria? Molto, se si leggono i dati del dossier dalla Uil del Lazio e dall’Istituto di ricerca Eures. Nel 2023 tre contratti di lavoro su quattro attivati a Frosinone e provincia sono stati infatti atipici. La dimensione quantitativa dei dati di flusso ci dice che il numero dei contratti precari raggiunto lo scorso anno è stato di 33.646, a fronte delle 43.934 attivazioni contrattuali totali. Per analizzare lo straripamento della precarizzazione del lavoro in Ciociaria, il focus del sindacato risale al 2019 censendo il numero delle tipologie delle attivazioni. Se cinque anni fa i contratti a tempo indeterminato erano stati 9.129, lo scorso anno ne sono stati attivati 7.966, praticamente 1.163 in meno. In flessione anche quelli a termine: da 25.663 a 24.122. Sostanzialmente invariato invece il numero dei contratti di apprendistato: 2.456 nel 2019, 2.322 nel 2023. Mentre le attivazioni stagionali sono passate da 992 a 1.215. Stesso discorso per quelle in somministrazione, che in un quinquennio sono aumentate di 1.233 unità (da 5.964 a 7.197), laddove i rapporti intermittenti sono passati da 1.048 a 1.112.

“Nell’ambito dell’Osservatorio regionale sul precariato – dice Anita Tarquini, Segretaria generale della Uil di Frosinone – tra il 2019 e il 2023 registriamo una flessione di 2,1 punti percentuali dell’incidenza delle attivazioni a tempo indeterminato, mentre sul fronte opposto riveliamo una crescita della quota di attivazioni precarie pari a più 2,2 punti percentuali”.

La precarizzazione ha un impatto pressoché nullo sulla produttività delle imprese, mentre incide sull’impoverimento dei lavoratori e sull’erosione dei diritti. “Prendendo in considerazione i dati relativi alle retribuzioni – ricorda la segretaria Uil – emerge come a fronte di una retribuzione lorda media annua pari a 19.584 euro, i lavoratori a tempo indeterminato ciociari percepiscono compensi più elevati, che raggiungono i 22.792 euro, laddove i dipendenti a tempo determinato e i lavoratori stagionali ottengono retribuzioni pari rispettivamente, a 10.454 euro e 9.778 euro”.

Il divario retributivo riflette ovviamente la discontinuità lavorativa. Non a caso nel 2022 complessivamente in Ciociaria i lavoratori che hanno svolto 52 settimane lavorative retribuite nell’anno hanno rappresentano il 66,2 per cento del totale, valore che scende al 21,8% tra i dipendenti a tempo determinato e all’11,6% tra quelli stagionali, per salire ovviamente all’81,9 per cento tra i lavoratori a tempo indeterminato.

“Sono percentuali – conclude Tarquini – che obbligano il sistema Paese a una radicale inversione di tendenza favorendo, non solo a parole, le politiche per l’occupazione stabile, perché ad oggi è impossibile progettare  un futuro se tante persone, soprattutto giovani, hanno in tasca un contratto a termine o peggio ancora di qualche ore a settimana”.

COMUNICATO STAMPA

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