La vita ‘mobile’ dei terremotati

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Non ha spaccato solo la terra e le case. Il terremoto che il 24 agosto ha schiaffeggiato Amatrice, Norcia, Arquata e altri borghi del centro Italia e che un mese fa ha infierito ancora, ha squarciato pure i ritmi della vita quotidiana. Ora è diventata mobile, peregrina, fondata sulle ruote di camper e roulotte e segnata dai chilometri macinati per andare a fare la spesa o cercarsi un lavoro che non c’è più. Ma è così che le persone colpite dal sisma si stanno reinventando, cercando di costruirsi una nuova vita.

“Ci vediamo domani”.
Valentina sta aspettando di avere 18 anni per farsi il suo primo tatuaggio. Vuole e deve farlo. Si tatuerà tre parole. Sono quelle che ha detto l’ultima volta a sua nonna il 23 agosto. La sera dopo sarebbe andata a dormire da lei. Aveva un lavoretto in una pasticceria ad Amatrice e dormire lì era più comodo, anziché tornare nella frazione vicina dove abitava. Invece, per caso, passò a prenderla sua madre e così sotto le pareti implose di quella casa popolare di Amatrice c’è rimasta solo la nonna. Per sempre. Valentina ha deciso, non vuole dimenticare. Né la nonna né il resto del suo mondo, anche se è in macerie e irriconoscibile. Oggi a tre mesi da quel terremoto e a trenta giorni da quella scossa che ha annientato anche il poco che era rimasto in piedi ad agosto, la sua vita va avanti. Quasi identica a prima, ma più mobile provvisoria ed errante.E’ così che si è trasformata la vita di chi abita tra le province di Rieti, Perugia, Ascoli, diventati orfani nel tempo di un amen di persone, cose e certezze. Spesso una casa con le fondamenta e un tetto sopra, non ce l’hanno più. Se va bene è quella di amici e parenti, altrove. Sennò è su due o quattro ruote, roulotte o camper piazzati davanti casa (quella vera) o nei parcheggi rimasti deserti. ”Casa mia non è crollata ma tu ci dormiresti? – chiede Laura che a luglio era andata a convivere con il suo ragazzo ad Amatrice e ora insieme stanno in una tenda – A volte quando entro a prendere qualcosa mi sento una ladra, ladra a casa mia”. Per altri ancora, casa ha la forma stretta e lunga del container che chiamano ‘modulo abitativo provvisorio’ per renderlo meno ostile. Anche la routine ha cambiato dove e quando. E’ diventata temporanea e vagabonda, oggi di qua domani boh. A fare la spesa non si va al supermercato: distrutto o danneggiato pure quello, a volte si è spostato. E’ successo a Norcia, dove per alcune settimane il discount Eurospin ha portato un tir donando ciò che serve, all’aperto. Pane, biscotti, the, carta igienica o detersivi distribuiti tutto il giorno, gratis. Sembra di stare al mercato e invece è solo lo spiazzo davanti al caffè Parigi, lungo le mura, dove prima si parcheggiava. ”Meno male che ci sono loro, intorno non c’è più niente ma mi sembra quasi di elemosinare”, confessa Maria che a 72 anni si sente fortunata per avere ancora un tetto, a Casali di Preci.Fuori uso anche le banche, quasi tutte all’interno della zona rossa della città umbra. E’ nata così ‘Piazza bancomat’. E’ nel parcheggio delle scuole medie (come lo conoscono i nursini) ché tanto con l’istituto inagibile sarebbe rimasto vuoto. Un po’ alla volta si sta riempiendo di uffici e sportelli delle principali banche. Ovviamente su quattro ruote. ”Il mio bancomat funzionerà da lunedì, mi hanno detto”, spiega Meli, venuto dalla Macedonia 25 anni fa e mai andato via. Ha moglie e tre figli e per campare faceva il muratore. Ora è tutto in standby. Ma lui non riesce a stare fermo e così va su e giù nei paesi vicini, cercando anche solo una giornata di lavoro. ”Almeno così passano le ore e non ci penso. La vita adesso è dura”. Più ottimista Gianfranco che sul corso Sertorio, quello che porta a piazza san Benedetto, aveva una piccola agenzia immobiliare. Ora è inagibile, lui spera di riaprire fra 4-5 mesi. Nel frattempo si è messo a lavorare in un container, per strada. Sembra uno scherzo e invece qualche cliente arriva. ”Chiedono di comprare terreni per metterci su container e prefabbricati. Certo, la prima casa che affitteremo o venderemo passerà alla storia…’, sorride.A Norcia anche la scuola ha cambiato faccia e ritmi. Sostituita da container sistemati dietro il liceo classico, all’ingresso ha un cartello con tante impronte di mani colorate. Sopra il logo del ministero dell’istruzione, sotto la scritta ‘Ripartiamo dalla scuola’. In effetti le lezioni sono riprese, e pure raddoppiate: la mattina per gli studenti delle superiori, il pomeriggio tocca alle elementari. E per qualcuno la novità sembra divertente. Come per Matteo, un nanerottolo di cinque anni che aspetta che esca la sorella più grande. Si nota da lontano perché ha un caschetto giallo in testa che gli ballonzola quando corre. ”Da quando gliel’hanno dato, non vuole più toglierselo”, racconta la madre. E tanti sono i caschi e le divise che ora colorano le strade di Amatrice o l’unico bar che ha riaperto, con vista macerie e campanile sbrecciato. Fra vigili del fuoco, carabinieri, Protezione civile e tanti altri è l’indotto del terremoto che indirettamente contribuisce a rianimare l’economia locale. All’ora di pranzo le ragazze del bar Rinascimento non hanno tregua fra panini da riscaldare e caffè da servire. Ogni tanto però si fermano, fissano un particolare su quelle divise e si fanno tristi.Si chiamano Brigate, organizzano le staffette e alle porte di Amatrice hanno aperto lo spaccio solidale. Se è vero che le parole sono importanti, le Brigate di solidarietà attiva non scherzano. E’ il nome dell’associazione nata subito dopo il terremoto che ha ribaltato L’Aquila nel 2009, passata attraverso il sisma emiliano e le alluvioni liguri e dal 24 agosto attiva fra Amatrice, Norcia e le Marche. Ne fanno parte cittadini-e-basta, molti sono giovani, a volte terremotati come gli altri. Mettono a disposizione il loro tempo, incrociano contatti, informazioni e necessità avvicinando chi ha di più e vuole donare qualcosa. Roulotte comprese. Dal 24 agosto sono 38 quelle che sono riusciti a far arrivare ad alcune famiglie.Lo spaccio che gestiscono ad Amatrice è una tenda blu piena di scatoloni dove chi ha bisogno arriva, chiede e va via con quello che c’è, dal pacco di riso alle fette biscottate, dai guanti alle scarpe per i bambini e c’è perfino il ‘reparto’ del cibo per celiachi. Ma soprattutto chi arriva, cerca ascolto e sfogo. ”Le domande sono tante e ancora di più le incertezze – spiega Andrea Ferroni, coordinatore delle Brigate – ma almeno il terremoto ha fatto cadere le maschere della vita quotidiana, cioè ha avvicinato persone che ad esempio abitavano accanto e che ora avendo le stesse necessità, si rendono conto che i problemi sono gli stessi per tutti e si possono affrontare meglio”.In giro per frazioni e borghi, le staffette che raggiungono chi è più isolato hanno incontrato parecchi contadini e allevatori. E dopo un po’ è nata l’idea della filiera antisismica: piccoli produttori di cibo messi in contatto con vari clienti, per non far morire l’economia locale. Vale per patate, fagioli, pasta o vino. Su ognuno c’è il logo della filiera simboleggiato da un filone di pane. E soprattutto tre parole: ‘Uniti siamo tutto’.

 

 

Foto e fonte Ansa

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