Una squadra di specialisti nell’analisi dei dati capaci di collezionare informazioni provenienti dai post pubblici su piattaforme come Facebook e Instagram. Iniziato l’anno scorso, si tratta di un progetto messo in piedi dall’Ufficio australiano delle tasse. L’obiettivo? individuare gli evasori fiscali grazie alle tracce del loro stile di vita sui social network. E sembra che stia funzionando: solo nello scorso anno, L’ATO (Australian Taxation Office) è riuscito a recuperare quasi 10 miliardi di dollari australiani in tributi non pagati. «La crescita continua delle informazioni a disposizione del pubblico è un aspetto dei tempi in cui viviamo», ha spiegato il responsabile dell’agenzia Chris Jordan al quotidiano The Australian . La caccia agli evasori inizia da una semplice foto di un viaggio all’estero o da un commento sulla scuola dei figli. «In una famiglia, ad esempio, il marito dichiara un reddito di 80mila dollari australiani all’anno e la moglie 60mila, noi però, dai post sui social media, riusciamo a capire che negli ultimi anni hanno volato almeno tre volte in business class e fatto una vacanza invernale in un resort di lusso in Canada. Ma non solo – continua Jordan – l’analisi rivela che hanno anche tre figli che vanno a scuola in un istituto privato la cui retta costa 75mila dollari all’anno». Insomma, un mare di informazioni che si unisce ad uno studio approfondito dei registri scolastici o dei documenti dell’ufficio dell’immigrazione e della motorizzazione. Senza dimenticare la presenza di eventuali guadagni provenienti da attività finanziarie o degli acquisti nei negozi online. E il risultato ottenuto parla chiaro: secondo il rapporto annuale dell’ATO (citato dal sito di informazione australiano News.com) sono stati perseguiti più di 1400 individui e 400 compagnie per reati amministrativi come il mancato rispetto degli obblighi fiscali o per aver dichiarato il falso sul reddito disponibile, mentre 21 persone sono state condannate per questioni penali gravi. E secondo l’avvocato australiano Paul Gordon non si può parlare di violazione della privacy, perché i dati analizzati sono disponibili a tutti. «L’aspetto più interessante della questione è che gli analisti non sono in cerca di informazioni private, ma di aspetti pubblici della vita degli utenti. E sono proprio loro a scegliere di renderli visibili», ha dichiarato l’uomo in un’intervista al canale televisivo 891 ABC Adelaide. «Gli evasori dicono non potete farlo, ma non possono aggiungere altro perché è tutto alla luce del sole», ha spiegato all’Australian il commissario Jordan.
Foto e fonte La Stampa