Cicerone divide il sud del Lazio «È ciociaro». «No, è pontino»

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Guai a chi tocca Marco Tullio Cicerone. Peggio che mai se qualcuno tenta di trasferirlo in una nuova città. La Ciociaria difende il celebre oratore, politico, scrittore e filosofo nato ad Arpino (Frosinone) e morto a Formia (Latina). A far scoppiare la polemica, la definizione «Città di Cicerone» utilizzata dal centro pontino.A rivendicare le radici ciociare del grande arpinate è il presidente della Comunità montana di Arce e consigliere provinciale, Gianluca Quadrini, d’intesa con il presidente della neonata fondazione «Marco Tullio Cicerone», Antonio Farina, che è anche consigliere comunale a Sora. Quadrini ha preso carta e penna e inviato una lettera dai toni quasi di diffida al sindaco di Formia, Sandro Bartolomeo. Per dire, in sostanza, che «Cicerone è nostro e nessuno deve appropriarsene». Un invito ufficiale (che si aggiunge a quello fatto qualche mese fa dal sindaco di Arpino, Renato Rea) per spingere il primo cittadino della stazione marittima del Tirreno a togliere subito, senza tentennamenti, quella scritta dai cartelloni stradali.Ma non è tutto. Per il numero uno dell’ente montano di Arce la contestata dicitura deve sparire anche dall’home page del Comune di Formia, in alto a sinistra vicino allo stemma della città. «Sì – dice Quadrini -, ho deciso di scrivere al sindaco Bartolomeo per ribadire che devono togliere quel titolo sia dai cartelli stradali sia dal sito internet. Non possiamo permettere quella che, di fatto, è un’appropriazione abusiva. Se uno muore qui da noi ma viene seppellito a New York, non diventa certo americano». Quadrini è netto: «È una questione di deontologia politica – conclude – e confido nella correttezza dei rapporti istituzionali». Tuona Farina: «Quello del Comune di Formia è un uso improprio e andremo fino in fondo. Non consentiremo a nessuno di appropriarsi della nostra storia e delle nostre tradizioni culturali». Meno che mai del grande oratore di Arpino.

 

Foto e fonte Cor. Sera

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